Il sodalizio tra videogiochi e musei continua, sia in Italia che all’estero. Agli IVIPRO DAYS 2020 abbiamo raccontato l’esperienza del Centre Pompidou di Parigi, che con Prisme7 si è avvicinato al mondo dei videogame. Questa volta torniamo entro i confini nazionali per concentrarci su una realtà piemontese, la Fondazione Museo del Tesoro del Duomo e Archivio Capitolare di Vercelli, attualmente al lavoro su un progetto videoludico legato all’affascinante e misterioso Vercelli Book. Un percorso, quello della Fondazione, guidato da uno slogan decisamente significativo: God save the nerd!
Abbiamo intervistato Silvia Faccin, curatrice del progetto presso la Fondazione. Con lei ci siamo soffermati sulla genesi e gli obiettivi di Hwaet! The Vercelli Book Saga; abbiamo parlato del valore della ricerca e della divulgazione e indagato in che modo l’emergenza COVID-19 abbia impattato sulle fasi di sviluppo.
Innanzitutto, volete presentarci brevemente la vostra realtà?
La Fondazione Museo del Tesoro del Duomo e Archivio Capitolare di Vercelli, nata 15 anni fa, gestisce il patrimonio del Capitolo della Cattedrale di Vercelli che affonda le proprie radici nell’Alto Medioevo. Il valore dell’ente è insito nel patrimonio stesso. Il punto di forza è nell’approccio trasversale e multidisciplinare che ci contraddistingue, nel sapersi aprire costantemente a collaborazioni, ponendo sempre al centro il pubblico, nelle sue diverse e molteplici specificità.
Museo del Tesoro del Duomo, Biblioteca e Archivio Capitolare sono oggi ospitati all’interno degli ambienti recuperati appositamente nel piano terra del Palazzo Arcivescovile. Un contenitore che, nei limiti della sua storicità e delle sue dimensioni, si presta come cornice per il dialogo costante e inevitabile tra queste tre anime della Fondazione. Da alcuni anni la Fondazione ha intrapreso un percorso di trasformazione, confluito nel Piano Strategico 2019-2022: l’obiettivo è quello di rapportarsi con il mondo digitale, con le nuove tecnologie e i nuovi linguaggi, declinandoli nei diversi ambiti di competenza. La centralità dell’utente è alla base, diventando il motore per una digital policy e nuove forme di engagement.
Videogiochi e valorizzazione del patrimonio museale. Un tema di cui si parla molto negli ultimi anni. Voi vi siete avvicinati a questo mondo con uno slogan che non passa certo inosservato “God save the nerd”. Com’è nata l’idea e qual è il vostro obiettivo?
L’idea nasce, in un contesto particolare, quello che ha visto la creazione della rete MUVV – Musei di Vercelli e Varallo nel 2019. Abbiamo avuto l’opportunità di lavorare con una consulente per bandi che potesse dare forma a qualcosa che avevamo in mente da tempo e che potevamo sviluppare grazie alla collaborazione con esperti quali l’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR di Palermo e la Società Cooperativa Bepart di Milano. La realtà che abbiamo il compito di trasmettere è particolarmente complessa, ricca e stratificata. Se da un lato, con il passare del tempo, si è affermata in contesti accademici e di ricerca, è ancora difficile riuscire ad accattivare il pubblico generico, in particolare quello dei Millennials. L’obiettivo alla base era quello di sfatare il pregiudizio al quale la parola “museo” è legata, ed ancor più la specificità di “ecclesiastico”. God save the nerd! Realtà aumentata al #mtdvercelli vuole essere una provocazione, un modo per legarsi ai cosiddetti nerd, coloro che vengono etichettati come solitari individui ossessionati dalla tecnologia, esaltandone però il loro ruolo. In questo modo vorremmo valorizzare le accezioni negative: sfatarne i pregiudizi, comunicare che anche il Museo e il suo patrimonio meritano un nuovo approccio perché capaci di dialogare con nuovi linguaggi, dinamici, innovativi, creare esperienze emozionali. Anche il titolo dei gaming vuole essere una provocazione: Hwaet! The Vercelli Book Saga, dall’incipit quasi impronunciabile, racchiude una delle parole fondamentali per l’anglosassone, di cui si è occupato anche J. R. R. Tolkien.
Tutto questo è stato reso possibile grazie al sostegno di Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT attraverso bandi.
Il progetto possiede un’anima duplice: un gioco da giocare in presenza e un gioco che sarà distribuito su dispositivi mobile e quindi fruibile ovunque. In che modo l’emergenza COVID-19 ha impattato sul vostro lavoro?
L’emergenza COVID-19, in un certo senso, è stata fondamentale. Il progetto in origine aveva previsto la creazione di un solo gioco, da condurre in presenza e in cui il visitatore all’interno delle sale era protagonista della propria esperienza. Si era presa in considerazione la possibilità di creare un gioco scaricabile, ma le riflessioni sulle forme di engagement che volevamo sviluppare nel 2019 ci avevano portato a concentrare i lavori e le risorse su un prodotto in presenza, volano per possibili eventi su differenti target di pubblico.
Dal punto di vista operativo, avendo già approfondito diversi possibili temi e lavorando già in sinergia attraverso condivisioni e meeting virtuali per la distanza fisica del gruppo di lavoro, il distanziamento sociale non ci ha penalizzati. Con il profilarsi dell’emergenza sanitaria e di una crescente richiesta di contenuti digitali, tutto il gruppo di lavoro si è fermato a pensare alle finalità del progetto, cercando di rispondere ai bisogni dell’utente e anche della realtà museale. L’ampliamento del progetto con la creazione di una sorta di puntata zero, distribuita sui dispositivi mobili, è stato subito il motore di una nuova fase di lavoro, grazie anche alla possibilità data da Compagnia di San Paolo sulla rimodulazione del progetto originario e a nuove risorse messe a disposizione da Fondazione CRT.
Il gioco da remoto sarà non solo il mezzo per raggiungere digitalmente i contenuti del Museo e della Biblioteca, ma sarà per la Fondazione MTD un modo per restare in costante contatto con il pubblico, per creare emozioni e interazioni, per offrire quelle esperienze uniche che ci si prefigge.
Al centro del vostro progetto c’è l’affascinante e misterioso Vercelli Book, un manoscritto antico che cela ancora molti segreti. Materiale davvero intrigante per un videogioco. Come state strutturando l’esperienza ludica? Quale sarà il filo conduttore della narrazione?
Fin da subito il Vercelli Book è stato identificato quale core del progetto. La sua popolarità anche al di fuori degli spazi accademici e dai confini nazionali e, soprattutto, il fascino che ancora oggi si cela tra i suoi fogli, sono state le motivazioni che lo hanno reso il protagonista indiscusso delle storie sviluppate nei due videogiochi. In realtà, seppur il titolo è costituito da una delle parole in esso contenuto e il Vercelli Book viene apertamente citato, entrambi i videogiochi sono strutturati in modo da non raccontare pedissequamente la sua storia. Le due esperienze hanno un fil rouge che è quello del viaggio, sia esso fisico o emotivo-spirituale. Nel videogioco per i dispositivi mobili sarà il viaggio di un’eroina che fisicamente di sposterà tra i luoghi nel quale il Vercelli Book ha preso vita, ripercorrendo alcune delle possibili storie ad esso legate e incontrando alcuni dei personaggi del X-XI secolo. L’esperienza in presenza, invece, sarà un viaggio metafisico, alla scoperta dei contenuti più profondi e peculiari del testo, ma anche della sua storia recente; inoltre, sarà il pretesto per conoscere trasversalmente altri capolavori di Museo, Biblioteca e Archivio.
Caratteristica dei due giochi sarà anche quella di legarsi a vicenda, in maniera non forzata, per creare rimandi e ampliare i contenuti.
Quando si parla di videogame e musei spesso ci si sofferma sul numero dei download e degli utenti che hanno fruito del gioco. Negli ultimi tempi, tuttavia, alcuni case study si stanno spostando su altre modalità di validazione, per esempio questionari che puntano a dimostrare l’efficacia divulgativa dei contenuti proposti. Qual è la vostra opinione in merito?
Seppur auspichiamo una buona risonanza del gioco e una sua viralità, queste non sono tra i nostri obiettivi primari. Al di là della nostra funzione di Museo, quale luogo di cultura e di creazione per momenti esperienziali, il coinvolgimento dell’ITD del CNR di Palermo vuole andare proprio nella direzione di una qualità di risposta e non di una quantità di download o passaggi in presenza. L’intento del progetto è quello di favorire un nuovo approccio ai contenuti, che vanno ripensati nella loro forma, ma mai slegati dalla loro valenza storico-culturale. Alla base del gioco resta salda la storicità e l’attenzione filologica, per quanto possibile, dei contenuti. In questo modo un giocatore può indirettamente apprendere informazioni di valore oppure, nel caso in cui ne sia già a conoscenza, ritrovarsi nel contesto di riferimento e approfondirne alcuni aspetti.
L’utente, senza rendersene conto, sarà monitorato nelle sue azioni e scelte: questo permetterà uno studio dei comportamenti di gioco, favorendo una conoscenza degli interessi del pubblico, in funzione anche di nuove proposte mirate da parte della Fondazione.