Se la prima edizione del percorso didattico Play/Ground si era concentrata su luoghi significativi per il territorio ma oggi in disuso o dimenticati, la seconda edizione ha spostato l’attenzione sui temi ambientali. Play/Ground 2 ha coinvolto infatti le scuole secondarie di primo grado di Casale di Scodosia, Merlara, Castelbaldo, Sant’Elena e Sant’Urbano, tutte in provincia di Padova, in un percorso di riscoperta del valore del proprio contesto locale, con particolare attenzione alle idrovore.
Questi impianti, che rimuovono l’acqua in eccesso per prevenire allagamenti e rendere coltivabili i terreni, sono oggi ancora più cruciali per la sicurezza e la gestione idrica, anche a causa dei cambiamenti climatici.
Il nuovo progetto, proposto dall’Istituto Comprensivo della Sculdascia, è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Villa Estense, Glass Studio e IVIPRO ed è risultato vincitore del bando “Il linguaggio cinematografico e audiovisivo come oggetto e strumento di educazione e formazione” – azione C) Visioni Fuori Luogo, realizzato nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC-Ministero della Cultura e MIM-Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Le classi al lavoro
Alla fine dell’anno scolastico 2024-2025 il risultato di questo lungo itinerario didattico (di 25 ore per alcune classi e di 34 per altre) ha portato alla realizzazione di 6 diverse visual novel, tutte ambientate presso l’idrovora Vampadore di Megliadino San Vitale. L’obiettivo di Play/Ground, sin dalla prima edizione, è partire dai videogiochi per evidenziare il loro potenziale a scuola, con un focus che si sposta quasi subito sul contesto che circonda gli istituti e sulla dimensione creativa e realizzativa. I 125 partecipanti sono stati infatti chiamati a mettersi in gioco, in tutti i sensi, ad abbattere i pregiudizi sul medium e a integrarlo nel proprio percorso didattico, come risorsa creativa che promuove il lavoro di gruppo e le competenze di ognuno.
All’inizio e alla fine dell’anno scolastico sono stati somministrati alcuni questionari, sia agli studenti che ai loro docenti, per osservare l’impatto del progetto. Non tutti in classe hanno la stessa propensione a condividere i propri pensieri ad alta voce: la scelta di brevi questionari facoltativi e anonimi è andata nella direzione di dare spazio a tutti in egual misura. In apertura hanno risposto 63 studenti e 11 docenti, in chiusura 92 studenti e 12 docenti.

Visita guidata all’idrovora Vampadore
Pensi che usare i videogiochi a scuola possa aiutarti nello studio? Tra le dieci opzioni proposte, le due maggiormente selezionate mostrano una predisposizione positiva da parte degli studenti: Sì, perché fa concentrare, tiene sveglia la mente, allena le capacità logiche e di risoluzione dei problemi (32 in apertura e 42 in chiusura); Sì, perché ti diverte, ti emoziona, ti appassiona, ti motiva (26 in apertura e 43 in chiusura).
Come accaduto nel percorso didattico Press Start to Learn 2.0, i tre aggettivi più spesso selezionati per inquadrare le emozioni che si provano mentre si videogioca siano divertito/a, creativo/a e interessato/a, sia all’inizio che al termine del progetto.
Il 62% di chi ha risposto al questionario finale (57 alunni) sostiene di essere stato stimolato a considerare i videogiochi in maniera diversa dal solito. Andiamo a osservare le risposte aperte legate a questa domanda: “Mi ha fatto capire che cosa c’è dietro ai videogiochi e ho anche imparato come farli”, “Ho scoperto quanto lavoro c’è dietro e quanta collaborazione serva”, “Prima pensavo che i videogiochi non servissero a niente e che togliessero molto tempo allo studio e alla lettura, invece adesso penso che stimolino la mostra creatività e il nostro ragionamento”, “Ora, in base al tipo di videogame che sto giocando, penso a come potrebbe essere stato programmato”, “Ho conosciuto nuovi tipi di videogiochi che mi hanno interessato”, “Ho scoperto come si creano i videogiochi”, “Non avevo mai provato un’esperienza simile”, “Mi ha fatto sviluppare la mia creatività”. In molte risposte emerge il valore della creatività e del lavoro di progettazione e realizzazione svolto in aula.

L’idrovora rappresentata all’interno di una delle visual novel
Pensi che i videogiochi potrebbero aiutarti in futuro a conoscere meglio il territorio dove vivi? Interessante osservare le risposte libere date dalle varie classi. Se da una parte ritornano pensieri già espressi durante la prima edizione (“Tramite i videogiochi puoi scoprire che ti piace un luogo di cui magari neanche sapevi l’esistenza”), in alcuni commenti viene evidenziata la connessione didattica (“Giocando puoi memorizzare cose che altrimenti potrebbero annoiarti”, “Magari imparo cose che non avrei mai pensato di cercare”, “Sono utili e fanno imparare giocando”, “Potrebbero approfondire cose che hai imparato a scuola”), in particolare con la geografia (“Mi aiutano in geografia per ricordare la posizione delle città”, “Puoi conoscere meglio le città”, “Aiutano a orientarsi”). “Quando gioco mi interesso alle cose che vedo e ascolto, e così posso imparare e conoscere il territorio in cui vivo”, si legge in una risposta. Il percorso ha previsto, come si diceva, una visita guidata all’idrovora Vampadore, durante la quale le classi hanno raccolto aneddoti, storie, fotografie e suoni, per poi tornare in classe a creare le proprie visual novel.
In coda al progetto, il 61% di chi ha risposto (56 alunni) dichiara che il percorso lo ha aiutato a conoscere meglio il proprio territorio: “Grazie alla gita a Megliadino ho potuto capire e conoscere posti e attrezzi che nella vita di tutti i giorni non vedi”, “Non conoscevo l’idrovora Vampadore”, “Ho scoperto luoghi che non sapevo esistessero”, “Nel luogo dove ci troviamo ci sono cose che non mi aspettavo di trovare”, “Abbiamo visto posti interessanti e conosciuto persone nuove”.
Infine, il 68% di chi ha risposto in chiusura (63 alunni) dichiara che vorrebbe ripetere il percorso: “Mi è piaciuto perché ho potuto disegnare e collaborare con altre persone con cui ho fatto più amicizia e condiviso momenti molto divertenti”, “Mi è piaciuto e anche divertito quando abbiamo programmato il videogioco, perché mi ha insegnato una cosa che volevo imparare da un po’”, “Mi è piaciuto il lavoro di squadra”, “Mi è piaciuto tutto, soprattutto quando abbiamo creato i personaggi”, “È stato bello perché abbiamo visitato un posto che io con la mia famiglia non sarei mai andata a visitare”. In generale emerge soddisfazione per il percorso e, ancora una volta, in particolare per la sua componente creativa. In uno dei commenti emerge uno spunto particolarmente curioso, che sottolinea il desiderio di condividere la propria passione: “Il percorso mi ha aiutato perché così posso parlare di videogiochi con persone che mi capiscono”.

Presentazione delle visual novel al cinema Farinelli di Este, durante l’evento finale
Passiamo, per concludere, ai docenti. Abbiamo chiesto loro cosa ne pensino dell’uso delle tecnologie e dei media nella didattica scolastica. In più risposte vengono ritenuti strumenti accattivanti per coinvolgere le classi, ma c’è anche chi avanza delle riserve: “Penso che possano essere utilizzate per facilitare alcuni apprendimenti ma che non possano precedere o sostituire abilità e competenze di base fondamentali per formare menti critiche e riflessive”, “Penso che tecnologia e media siano un ottimo mezzo per integrare la didattica scolastica e una valida risorsa per studenti e studentesse che necessitano di un percorso di apprendimento personalizzato. Tuttavia, credo che quella digitale sia solo una delle tante competenze che gli alunni devono sviluppare nel corso dei loro studi; pertanto non condivido l’idea di porre la tecnologia al centro della progettazione didattica”.
Quale pensi possa essere la ricaduta sull’apprendimento e il coinvolgimento dei tuoi alunni inserendo il videogioco tra possibili attività e strumenti scolastici? “Un cambio di prospettiva della visione riduttiva del videogioco che probabilmente hanno per il tipo di utilizzo che ne fanno”, “Sarebbe una piacevole novità per il modo tradizionale di fare scuola”, “Se inseriti come supporto (revisione, recupero, potenziamento, ecc.), penso che il videogioco possa essere un’attività stimolante per i ragazzi, specialmente se giocato in gruppo”.
E rispetto al territorio? “Penso siano un modo divertente e coinvolgente per ‘immergersi’ in scenari distanti nel tempo e/o nello spazio, permettendo di esplorare contesti storici, sociali e culturali dalla comodità di casa propria”, “Penso che siano un mezzo accattivante per veicolare argomenti che, presentati di per sè, possono annoiare o non suscitare interesse”, “Stimolano la curiosità a conoscere luoghi vicini ma spesso non noti”, “Potrebbero collegare la conoscenza del territorio e il divertimento”.
In chiusura, 7 docenti su 12 dicono di aver visto le classi coinvolte interessate al tema e 2 docenti dichiarano inoltre di aver osservato alunni che hanno proposto in aula spunti provenienti dai videogiochi. Rispetto alla possibilità di utilizzare videogame in aula in futuro emerge da parte dei docenti la necessità di essere adeguatamente formati (la seconda edizione di Play/Ground, come la prima, non ha previsto un percorso loro dedicato).
Interrogati rispetto all’efficacia del percorso sul fronte della scoperta del territorio, 8 docenti su 12 ritengono che l’iniziativa abbia aiutato le classi a conoscere meglio il contesto in cui vivono: “Molti di loro non sapevano neanche l’esistenza dell’idrovora nonostante abitino nei dintorni ed è stata utile la spiegazione del funzionamento, soprattutto potendola collegare all’alluvione di Casale nel maggio 2024, quindi a un evento reale che li ha toccati personalmente”, “Spesso i ragazzi conoscono poco il territorio in cui vivono e le sue risorse. Questo percorso li ha spronati a conoscerlo meglio e ad andare più in profondità”.
Report a cura di Andrea Dresseno