La seconda fase del progetto Press Start to Learn ha sviluppato un percorso di Media Education “a doppio binario”, coinvolgendo studenti e docenti in laboratori esperienziali sulla pratica videoludica. Con un passaggio di consegne a mo’ di staffetta, a conclusione degli incontri formativi condotti da Andrea Dresseno con le classi, ho iniziato il percorso che mi ha vista coinvolta in prima persona sia con gli studenti e le studentesse che con i docenti.
Si è trattato, innanzitutto, di un percorso di “avvicinamento” e conoscenza del medium videogioco con più di 30 partecipanti tra docenti e personale educativo extrascolastico sui territori di Reggio Emilia e Brescia. In un’ottica di Media Literacy, è stato necessario costruire, innanzitutto, un confronto dialogico e dialettico sulle rappresentazioni e conoscenze che ciascun docente ha rispetto al complesso tema dei videogiochi, in particolare in ottica educativa e di alleanza con il contesto scolastico. Sono emerse inizialmente – come mi aspettavo dall’esperienza formativa e di ricerca in questo ambito – scetticismi, timori, pregiudizi e anche smarrimento: conoscenze stereotipate in gran parte dovute proprio alla mancanza di una conoscenza diretta, di vissuti esperienziali di gioco, sia a livello personale, nel proprio tempo libero, sia e soprattutto a livello professionale. Nella scuola il medium videoludico è totalmente assente, sia nei dialoghi e nei confronti tra docenti e studenti, sia nelle proposte come possibile strumento di mediazione culturale e didattica. Se viene considerato e tirato in causa è per attribuirgli effetti negativi, distraenti, di dipendenza e “perdita di tempo” rispetto allo studio serio, convinzioni rinforzate spesso anche dal racconto mediatico e giornalistico diffuso: quando avviene un fatto di cronaca che coinvolge negativamente adolescenti e giovani la prima caratteristica che si sottolinea è il fatto di essere un “accanito videogiocatore”.
È stato quindi fondamentale partire da questi vissuti personali per costruire, con tutto il gruppo coinvolto, una riflessione razionale, problematizzante, di pensiero critico, fornendo dei criteri di analisi, di comprensione culturale e strutturale di cosa parliamo quando parliamo di videogiochi. E comprendere come possono essere degli alleati nella relazione con le proprie classi. Per cui è stata una grande emozione e soddisfazione vedere come, nelle 14 ore di percorso, siano avvenute delle trasformazioni importanti di considerazione e interesse verso il medium videoludico: “Grazie per questi begli incontri! Sono riuscita nell’impresa (ardua) di demolire una grande parte del mio videoscetticismo, di incuriosirmi e mettermi in ricerca per rinnovare anche la didattica!”.
In maniera nuovamente speculare, ho svolto anche una proposta di laboratorio esperienziale di gioco: 4 ore nelle classi durante l’orario scolastico, con studenti e studentesse, 4 ore pomeridiane con i docenti. Allestire a scuola uno spazio con 5 postazioni di gioco per 5 gruppi, proponendo una selezione di 18 videogiochi tra loro molto differenti per attivare un’esperienza formativa a partire dalla pratica, ha rappresentato una delle sfide più interessanti e innovative del progetto.
Sono stati realizzati, infatti, 10 laboratori coinvolgendo più di 230 studenti e studentesse dalle classi prime alle classi quarte delle scuole coinvolte, più due incontri laboratoriali rivolti ai docenti.
“Analizziamo un videogioco!”: questa è stata la consegna e l’obiettivo del laboratorio. Ho proposto loro di “mettersi nei miei panni da ricercatrice”, ovvero di guardare al videogioco come un oggetto di ricerca e, per farlo, è necessario provare direttamente una varietà più ampia possibile di prodotti, ma in una modalità più attenta e osservativa. Insieme a una breve descrizione dei titoli possibili tra cui scegliere ho consegnato loro lo strumento di analisi: una tabella costruita ad hoc da utilizzare, dopo la sessione di gioco, per discutere in gruppo e portare in evidenza elementi del gameplay e le caratteristiche significative del titolo scelto, nonché dei loro vissuti di apprendimento avvenuto durante l’esperienza ludica.
La ricchezza delle analisi emerse – sia nei laboratori con studenti e studentesse, sia con i docenti – conferma più che mai quanto questa metodologia abbia un grande valore e una potenzialità educativa trasversale alle discipline e alla didattica esclusivamente legata agli obiettivi di apprendimento della singola disciplina. A detta anche degli insegnanti offre la possibilità di realizzare una didattica attiva, critica, che costruisce strumenti di riflessione al di là del singolo contenuto, mettendo al centro gli studenti come protagonisti della conoscenza.
“Non pensavamo che fosse così bello e impegnativo giocare 4 ore a scuola! Pensavo che sarebbe stato pesante e una perdita di tempo; invece, sono rimasta stupita da quante riflessioni ha aperto videogiocare insieme”. “Sì, anche per me è stato bellissimo videogiocare in gruppo e potermi confrontare, dialogare sui significati e gli elementi del gioco che ci portano a vivere le emozioni che proviamo”.
Queste sono solo alcune delle riflessioni condivise a fine attività nelle classi: per gli studenti e studentesse il laboratorio è stato anche propedeutico alla fase successiva in cui si sono cimentati nell’ideazione di un videogame legato al territorio. È servito a far riflettere sul fatto che ogni videogioco ha una “grammatica e un alfabeto”, attraverso cui si struttura il vissuto del/della giocatore/giocatrice. E dunque, per poter essere anche un po’ dei creatori, bisogna conoscere la variegata possibilità attraverso cui “scrivere” la propria storia in gioco.
Per molti docenti, le 4 ore di laboratorio hanno rappresentato la prima esperienza di reale avvicinamento a questa pratica. Lo spiazzamento e lo stupore sono diventati stimoli in vista dell’incontro successivo, un laboratorio di ipotesi progettuale. Sempre lavorando a piccoli gruppi, ho chiesto loro di immaginare una proposta progettuale sostenibile da realizzare in classe, che coinvolga un videogioco, pensando a modalità e obiettivi.
Tra loro c’è chi ha già iniziato a mettere in pratica quanto ideato, dando come “compito per casa” a studenti e studentesse un titolo gratuito da giocare tra quelli da noi suggeriti e inserendolo, poi, in una consegna di discussione e di dialogo con testi di autori che stanno affrontando nel programma scolastico!
Diario #2 a cura di Rosy Nardone
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L’iniziativa Press Start to Learn – proposta dall’Associazione IVIPRO in partnership con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin” dell’Università di Bologna – è realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC-Ministero della Cultura e MIM-Ministero dell’Istruzione e del Merito