Con Occultus – Cabala Mediterranea i quattro componenti di Sylphe labs (Luca Alba, Giuseppe Di Girolamo, Paolo Gallo e Filippo M. Vela) ci conducono nella Palermo di inizio ‘900, in un’avventura grafica ricca di esoterismo, misteri e storie legate al capoluogo siciliano.
Il punta-e-clicca del team palermitano ci guida in una città ibrida, pensata per un’esperienza videoludica tra luoghi reali e di fantasia. Alla base del progetto, un amore viscerale per Palermo e la Sicilia.
Siete andati a fare dei sopralluoghi nei posti reali destinati a essere riutilizzati nel gioco? In che modo è avvenuta la vostra interazione con i luoghi?
I luoghi rappresentati nel gioco sono soltanto ispirati a luoghi reali. Per esempio il Circolo nobiliare, per i cui esterni abbiamo preso spunto dal Villino Florio [edificio della famiglia Florio, famoso esempio di stile liberty italiano d’inizio XX sec.; i Florio furono tra la famiglie più ricche e conosciute d’Italia in quel periodo, ndr]; oppure la Chiesa di San Giorgio, visibilmente ispirata alle chiese di Santa Maria della Catena e San Domenico [due Chiese del centro storico di Palermo, ndr]. Tutta la parte visiva l’abbiamo tirata fuori da elementi reali: pur non essendo andati a fare dei sopralluoghi fisici, ci siamo basati su ricerche filologiche, storiche e fotografiche dei luoghi che ci interessavano. Ovviamente essendo palermitani abbiamo già una conoscenza base di questi luoghi, le cui storie ci appassionano da sempre. Purtroppo, essendo un team composto di sole quattro persone, siamo stati costretti a operare una scelta drastica: se avessimo scelto la strada della riproduzione assolutamente fedele questo avrebbe implicato, oltre a tempi lunghissimi, una quantità enorme di materiale da ricostruire e, di conseguenza, un budget più cospicuo; dunque abbiamo optato per una soluzione differente, ossia una forte ispirazione a luoghi reali e riconoscibili, in modo da lasciare libera la fantasia degli utenti nella ricostruzione delle architetture. I posti sono riconoscibili, ma non sono esattamente quelli. La piazza del Garraffello, per esempio [la piazza principale del mercato della Vucciria, ndr], non è la piazza del Garraffello e il Villino Florio non è il Villino Florio. Il cimitero presente nel gioco è un misto tra il cimitero dei Rotoli e il cimitero di Sant’Orsola.
Potete raccontarci più nel dettaglio il vostro lavoro di ricerca?
Abbiamo fatto un lavoro maniacale nel cercare di essere coerenti con le architetture della Palermo di inizio ‘900, non solo nelle architetture, ma anche negli oggetti: dal conosciutissimo grammofono fino alla sconosciuta tenaglia da idraulico. Abbiamo cercato la coerenza sia nelle proporzioni, sia nei materiali, sia nel design. Abbiamo lavorato per un paio d’anni ed è stato necessario parecchio tempo per apportare le modifiche richieste dai publisher: integrazione di specifiche tecniche, correzione di alcuni aspetti visivi che non urtassero gli utenti, etc. Vedi il caso di un giocatore americano, che aveva visto in alcuni uomini incappucciati presenti nel gioco un rimando al Ku Klux Klan. Non sapendo che, a Palermo, è diffusissima la leggenda dei Beati Paoli [furono una setta segreta formata da giustizieri incappucciati, nata presumibilmente a Palermo intorno al XII secolo. A metà tra verità storica e leggenda popolare, a inizio ‘900 Luigi Natoli scrisse un famoso romanzo basato sulla storia della setta, ndr], parte del patrimonio storico e culturale della città. Un altro esempio d’ispirazione urbanistica è quello costituito dal labirinto ambientato nei Qanat di Palermo [sistema di gallerie sotterranee tutt’oggi visitabili; servivano al trasporto idrico in epoca araba, dall’831 al 1072, ndr]; in questo caso abbiamo dovuto “edulcorare” il luogo ai fini dell’interazione videoludica, poiché i Qanat del gioco sono più ampi (dovevamo creare lo spazio per inserirvi degli oggetti all’interno) e meglio predisposti all’esplorazione. Insomma, abbiamo dovuto piegare le architetture e l’urbanistica alle necessità videoludiche.
Palermo è ricca di monumenti e di storia e sembra prestarsi bene, nei suoi luoghi particolarmente evocativi, a un’avventura grafica. Molte storie possono celare tanti misteri da indagare. Quale faccia di Palermo pensavate di mostrare agli utenti?
La nostra regione si presta a raccontare innumerevoli storie a partire da una varietà incredibile di ambientazioni. Stephen King ha il Maine, noi abbiamo la Sicilia. Non vogliamo paragonarci lontanamente a lui, ma è per rendere l’idea: perché non diffondere le immense risorse del nostro territorio? Basta camminare per il centro storico della città: non appena ci si documenta un minimo su qualsiasi casa, monumento, villa nobiliare e così via, ci si imbatte in racconti in grado di fornire spunti storici e culturali notevoli. Da questo punto di vista, secondo noi, l’avventura grafica è il genere di gioco più adatto.
Qual è il vostro rapporto con Palermo, la città in cui è ambientato il gioco?
Anzitutto siamo palermitani. Siamo molto appassionati di storie di mistero, di esoterismo e di orrore. Siamo cresciuti a pane e libri, ascoltando i racconti dei nostri nonni sui fantasmi o sulle gesta epiche della dominazione araba in Sicilia; o più semplicemente sulla leggenda dei Beati Paoli. È stato inevitabile rimanere contaminati e permeati da queste storie. C’è tanto amore per Palermo e per la Sicilia in generale, pur consapevoli dei suoi aspetti negativi. In Sicilia quello che manca è un dialogo maggiore con le istituzioni: siamo un po’ isolati, anche se paradossalmente siamo il centro dell’Europa. Noi crediamo fortemente nel proverbio siciliano che dice “A iaddina ca camina s’arricogghi ca vozza china” (“La gallina che cammina ritorna con il gozzo pieno”): cioè, se non ti muovi e non vai nei posti, non raccogli nulla. Quindi per noi è importante spostarci e fare esperienza dei luoghi. Ci sono posti a Palermo che per noi sono quotidiani e diamo per scontati. Se si sottraggono al loro contesto ordinario, diventano luoghi epici che hanno la stessa matrice di opere come l’Iliade e l’Odissea: il racconto popolare e le usanze sono fonte di grande ispirazione. Avevamo questa realtà sotto il naso, perché non utilizzarla per un videogioco? Purtroppo, spesso si guarda alle sfaccettature negative della Sicilia: il nostro obiettivo è proprio quello di remare contro gli stereotipi, raccontare aspetti diversi e positivi dell’isola, per attirare attenzione e interesse nel pubblico. Possiamo fare poco nel nostro piccolo, ma un mattone dopo l’altro si può giungere a qualcosa di buono, anche grazie alla sinergia di competenze e a quella passione “artigianale” che sta alla base di un videogioco.
Intervista a cura di Daniele Barresi