Negli ultimissimi anni la pratica delle collaborazioni tra istituzioni culturali e sviluppatori di videogame ha riscosso un discreto successo, soprattutto in termini di valorizzazione del patrimonio (leggi il nostro speciale dello scorso aprile sui musei in gioco). Il team di EGA ha sviluppato Mi Rasna – in uscita il prossimo 10 maggio – alla luce della presenza storicamente accertata degli Etruschi nella penisola italiana, concentrandosi sulle realtà cittadine di cui c’è pervenuta notizia tra Lazio, Umbria e Toscana.
La scelta di lavorare a stretto contatto con musei e parchi archeologici nasce quindi dalla forte esigenza di dare credibilità storica al gioco, alle battaglie in esso presenti e ai reperti archeologici mostrati. Parchi e musei sono stati contattati da Francesca Pontani, archeologa del team di sviluppo. Purtroppo, per esigenze di sviluppo indipendenti dalla volontà del team, inserire tutti gli insediamenti etruschi all’interno del gioco sarebbe stato impossibile: le dimensioni della mappa su dispositivi mobile non avrebbero infatti consentito l’avvicendarsi limitrofo di troppi insediamenti e dei tasti di interazione corrispondenti. La volontà del team è stata quella di concentrarsi quindi nell’ottenere la migliore giocabilità possibile.
I musei coinvolti sono 55 di cui 6 di valenza nazionale ( l’elenco aggiornato). Ognuna di queste realtà ha fornito immagini in alta qualità dei reperti della propria collezione, accompagnati da didascalie fornite dal personale dell’istituzione. Di certo, il lavoro e la collaborazione con la macchina museale pubblica possiede tuttora delle dimensioni di disinnesco lente, ma Maurizio Amoroso, CEO di EGA, ha riscontrato molto interesse da parte dei direttori di tutte le realtà coinvolte, oltre che la voglia di agevolare l’iter burocratico delle collaborazioni. I musei civici sono risultati più reattivi e i loro tempi di risposta celeri. I Poli invece devono ancora sottostare a una suddivisione burocratica troppo dispersiva, che rallenta i processi decisionali anche prima di passare alle carte per la sottoscrizione di semplici accordi e convenzioni.
Il team di EGA ha tenuto molto al fatto che ci fosse una certificazione dei contenuti: ciò in linea con la mission del team, che persegue i principi di credibilità e istituzionalità, senza il rischio di diffondere dati storici incerti o discutibili. In tal senso si è rivelato fondamentale il prezioso e consistente lavoro di ricerca condotto dall’archeologa Pontani.
Il gioco, in ogni caso, è stato concepito per accogliere nuovo materiale anche dopo la pubblicazione: si codifica una cartella nel cloud con l’istituzione di turno e l’app si accorge automaticamente del materiale codificato. Sta dunque all’istituzione inserirsi all’interno di un contesto di proattività per la promozione del gioco e dei suoi contenuti. La diffusione dell’opera, oltre a rappresentare per i musei una ritorno positivo in termini di immagine, darà un contributo sostanziale e tangibile alle attività di ricerca legate al mondo degli Etruschi: Entertainment Game Apps devolverà infatti una percentuale degli introiti a progetti di scavo, restauro o valorizzazione del patrimonio etrusco.
Il percorso tracciato da EGA risponde a un’esigenza che, in questi anni, dimostra di far capolino nel mondo della comunicazione e della promozione del territorio: si è spesso parlato di marketing territoriale per iniziative di questo genere. Da sottolineare, a tal proposito, un’interessante chicca presente all’interno del gioco: tramite la geolocalizzazione, ogni volta che il giocatore si troverà fisicamente all’interno dei musei, di fronte ad alcune delle opere reali riprodotte nel gioco, avrà la possibilità di accedere a bonus extra.
Al di là del marketing non si può non tener conto della passione con cui lavora il team di EGA: nonostante questo modello di promozione del patrimonio sia stato già testato in altri casi (l’app del sottomarino Toti del Museo della Scienza di Milano, Father and Son al MANN di Napoli e altri casi che abbiamo approfondito negli editoriali degli ultimi mesi), si tratta spesso di progetti su committenza, non direttamente finanziati dalla software house; per Mi Rasna c’è invece tutto il rischio di un investimento personale in cui è coinvolto il team di sviluppo.
Un investimento diretto che risponde tuttavia a un’esigenza sempre più radicata nel mondo della cultura: la diffusione del valore del nostro patrimonio attraverso il medium videoludico e la conoscenza della nostra identità storica.
Articolo a cura di Daniele Barresi