Può un videogioco consentire di rileggere e raccontare un contesto paesaggistico e socio-culturale? Il percorso didattico PLAY/GROUND, che si è svolto nel corso dell’anno scolastico 2022-2023, è partito proprio da questo assunto per coinvolgere 100 studentesse e studenti di 4 scuole secondarie di primo grado della bassa padovana in un viaggio di (ri)scoperta del proprio territorio, tra incontri frontali, sopralluoghi e laboratori creativi.
Proposto dall’Istituto Comprensivo di Villa Estense (PD) – in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Comuni della Sculdascia, l’Istituto Comprensivo di Borgo Veneto, l’Associazione IVIPRO e GLASS studio – il progetto è stato realizzato nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC-Ministero della Cultura e MIM-Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Nel corso dell’anno, studentesse e studenti sono stati stimolati a confrontarsi su alcuni luoghi significativi per l’evoluzione del contesto locale, luoghi che oggi sono chiusi, in disuso o dimenticati. Il lavoro ha portato alla realizzazione di sei visual novel, una per ogni classe: un esercizio di immaginazione per ripensare un nuovo futuro per questi spazi, ponendo l’attenzione su alcuni concetti fondamentali come quelli del loro riutilizzo, della sostenibilità, ma allo stesso tempo coinvolgendo in modo attivo e partecipato anche studentesse e studenti di origine straniera nella conoscenza del contesto sociale nel quale vivono. Quattro le location visitate dalle classi: Villa Grompo Pigafetta Giovanelli Bettanin detta Il Paradiso (Villa Estense); il “castrum” di Castelbaldo, oggi non più visibile; Villa Ca’ Negri (Montagnana); Villa Correr (Casale di Scodosia). Le visual novel realizzate sono state pubblicate su PC, Mac e Android.
Alla fine del percorso sono stati somministrati due questionari, uno ai docenti delle scuole e uno agli studenti, per raccogliere le loro considerazioni, il loro punto di vista sui videogiochi come risorsa per rapportarsi con il territorio e per comprendere l’efficacia dell’iniziativa.
Cosa significa e cosa implica introdurre i videogiochi a scuola? “Prima prendevo i videogiochi come un passatempo inutile, ma dopo questo percorso ho imparato a prendere i videogiochi come una cosa seria”, rivela uno degli studenti. “Prima di questo progetto non pensavo che i videogiochi aiutassero le capacità di riflettere o di ragionare”, “Prima facevo solo quello che mi diceva il gioco, invece adesso faccio più robe”. La dimensione creativa del progetto, il focus sulla realizzazione delle visual novel e il lavoro di gruppo sono stati ben recepiti dai partecipanti: “Play/Ground mi ha fatto capire come si crea un videogioco, come si lavora meglio in squadra e che ognuno ha un compito specifico”; “Abbiamo creato un videogioco diverso da quelli che utilizzo di solito”; “Mi è piaciuto che abbiamo lavorato in squadra e che ogni ruolo ha senso grazie agli altri”.
E per quanto riguarda il territorio? Le risposte aperte sono incoraggianti: “Abbiamo esplorato un luogo vicino alla nostra realtà ma che conoscevamo poco”; “Nonostante io sia passata spesso davanti alla Villa e l’abbia vista molte volte non sapevo la sua storia. Adesso ne so un po’ di più grazie all’uscita che abbiamo fatto”; “Ci possono essere luoghi che non conosci del tuo paese e se te lo raccontano o ci fai un gioco ti puoi incuriosire di più”. Numerosi commenti vanno in questa direzione: mettersi in gioco – mai espressione fu più appropriata – consente di scoprire spazi dimenticati, di dare loro nuova vita, di ripensarli con occhi e strumenti inediti.
E per il futuro? “Mi è piaciuto molto fare la scrittrice e per l’anno prossimo vorrei chiedere se possiamo ripetere l’esperienza ma con una gita un po’ più lontana dal nostro territorio (ancora meglio se possiamo scegliere noi dove) così da imparare qualcosa di nuovo su un territorio distante”.
Sul fronte docenti emerge senza dubbio una certa curiosità e un’apertura nei confronti dell’utilizzo delle nuove tecnologie a scuola. Se usate con criterio e competenza possono contribuire al miglioramento dei processi di insegnamento e apprendimento. Il 59% dei docenti coinvolti nel progetto (17 docenti in totale) dichiara di non aver mai usato un videogioco a scuola o come compito a casa ma che avrebbe interesse a farlo (il 12% li ha usati spesso; il 17% raramente; il 12% mai).
Il 94% ritiene che il percorso abbia aiutato studentesse e studenti a conoscere meglio il proprio territorio: “Purtroppo i ragazzi non hanno la memoria storica del territorio e non conoscono luoghi che un tempo erano significativi e hanno ancora del potenziale”; “Con questo progetto hanno potuto sperimentare e avvicinare il loro mondo virtuale a ciò che li circonda nella realtà”; “Attraverso questa attività ragazzi e ragazze hanno sviluppato differenti skills che ora possono ricollegare tutte a un unico obiettivo, la conoscenza del territorio”; “I ragazzi hanno avuto la possibilità di visitare un luogo poco conosciuto, ma all’interno del territorio, apprezzandolo grazie all’aiuto della guida turistica e dei proprietari, che hanno saputo stimolare la loro fantasia e creatività: la storia, i racconti, i profumi e l’osservazione del luogo hanno creato in loro un legame forte col territorio e una spinta verso la sua cura”; “Credo sia stata un’importantissima attività che ha stimolato la creatività e l’immaginazione dei ragazzi, troppo spesso imbrigliati nel grigiore del libro. È evasione dalla realtà, pur rimanendoci ancorati. È sviluppo di sé senza rinunciare all’incontro con i compagni”.
Rispetto al percorso nel suo complesso, sebbene venga sottolineata una criticità legata alle tante attività scolastiche e al poco tempo a disposizione per iniziative come questa, spicca un commento molto significativo, che riportiamo qui integralmente in chiusura: “Inizialmente ero scettica verso questa proposta: mi sembrava un grosso impegno, e mi immaginavo molte ore di programmazione di un videogioco che probabilmente (come quelli che usano) avrebbe stimolato solo la loro iperattività e nervosismo. Invece ho vissuto (e posso ritenermi fortunata di esser stata loro accanto per quasi tutto il tempo) un percorso che è partito da lontano, dalle basi di conoscenza dei videogiochi, delle parole chiave e della stesura di schemi e mappe per la creazione di un prodotto per niente banale, ma ricco di idee, creatività, contributi di ognuno in modo personale e appassionato, dopo essersi immersi nella storia, nell’arte del nostro territorio, dopo essersi appropriati del loro passato e del loro futuro, nella consapevolezza che a loro è stato affidato il futuro del luogo in cui vivono. Educare significa ‘tirar fuori’ ciò che ogni ragazzo ha dentro, nella certezza che ognuno ha tesori preziosi da riportare alla luce e far brillare… E questo percorso li ha educati alla bellezza di ciò che hanno dentro e fuori, impensabilmente attraverso la creazione di un videogioco”.