L’utilizzo della realtà virtuale e di contenuti immersivi, siano essi video/immagini 360 o ricostruzioni in 3D, sta riscuotendo un crescente successo all’interno del settore turistico e di promozione del territorio. Talvolta questo tipo di operazioni sconfina in ambito videoludico. Si vedano a tal proposito i titoli già inseriti da IVIPRO nella mappa dei videogame ambientati sul territorio nazionale, che raccoglie alcune opere in realtà virtuale.
Oppure lo speciale dedicato al progetto sardo PAC-PAC: passi che segnano un netto e visibile avvicinamento da parte di istituzioni e sviluppatori a nuove forme di rappresentazione ed espressione, con evidenti implicazioni dal punto di vista divulgativo e turistico.
Sempre in Sardegna si colloca il progetto SARIM, che si propone di sondare modalità d’impiego di tecnologie immersive, come la realtà virtuale, allo scopo di sostenere lo sviluppo di nuove forme di turismo. L’opportunità offerta da questo tipo di tecnologie, come si può leggere in una delle presentazioni del progetto, necessita di una “corretta chiave di applicazione, sia per le fasi di prevendita sia per dare vita a un dialogo col visitatore e generare ricadute durante l’intero ciclo di vita dell’esperienza turistica”. SARIM – Sardegna Immersiva nasce con l’obiettivo di mettere assieme le competenze di progettazione, ideazione e applicazione maturate dalle 17 aziende coinvolte e farle sviluppare e consolidare attorno a una vivace attività di sperimentazione tecnologica.
IVIPRO ha intervistato Massimo Deriu, responsabile di SARIM, per sondare anche le possibili prospettive di ludicizzazione della cultura connesse al progetto.
Volete introdurci brevemente il progetto SARIM e il team di lavoro?
SARIM – Sardegna Immersiva è un progetto cluster finanziato da Sardegna Ricerche con il fondo POR FESR 2014-2020. Questa tipologia di progetto prevede azioni collaborative tra organismi di ricerca pubblici regionali e imprese del territorio che mirano a favorire l’innovazione attraverso attività di trasferimento tecnologico.
SARIM è un progetto promosso dal CRS4 (Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna). Il team di lavoro, da me coordinato, è il gruppo GAMIT (Game-based Interaction and Tecnologies), che in sintesi si occupa di prendere dal mondo dei giochi e dei videogiochi in particolare, tecnologie, ma anche metodologie, algoritmi, processi e via dicendo per applicarli proficuamente ad altri contesti e scenari non necessariamente ludici.
Su quali location vi state concentrando? Potete farci alcuni esempi e raccontarci come funziona concretamente l’opera di ricostruzione digitale?
Le location sono diverse, dai borghi ai paesaggi naturali, dai siti archeologici alle città. Abbiamo cercato principalmente di coprire quanti più territori possibili, dando al progetto un carattere regionale, andando ad acquisire contenuti da nord a sud. Sui contenuti la prerogativa di scelta è stata quella di selezionarli trovando il giusto equilibrio tra location note e location meno conosciute. Uno degli obiettivi del progetto è infatti anche quello di cercare di far conoscere la Sardegna meno battuta dal turismo più comune.
La ricostruzione digitale dei luoghi dipende molto dal tipo di media che si vuole utilizzare, ci sono differenze notevoli tra realtà virtuale e fotografia/video a 360 gradi, sia in termini di produzione che di elaborazione e fruizione delle esperienze. Il processo di acquisizione di un contenuto a 360° è molto più rapido, così come quello di elaborazione: per quest’ultimo abbiamo anche sviluppato un pacchetto di strumenti messo a disposizione delle imprese, per rendere questa fase ancora più rapida. Il rovescio della medaglia, con i contenuti 360, è che l’esperienza immersiva, pur essendo piacevole e coinvolgente, non permette il medesimo grado di libertà nei movimenti e nell’interazione con i luoghi rispetto alla realtà virtuale. Quest’ultima consente di muoversi liberamente all’interno della scena, i limiti sono dati dalla programmazione delle stesse più che dalla tecnologia. Il lato negativo è che il processo di acquisizione ed elaborazione richiede maggiori risorse e tempi più lunghi.
Il vostro focus è la realtà virtuale: con quali tecnologie state lavorando o prevedete di lavorare in futuro? Avete già ricevuto i primi feedback da parte degli utenti?
La realtà virtuale è sicuramente uno tra i nostri focus. Utilizziamo molto le tecniche di fotogrammetria e gli algoritmi per ottimizzare il rendering all’interno dei visori, che per questo progetto sono il nostro output di riferimento. Lavoriamo con diverse tecnologie sia per quanto riguarda il tracking degli utenti all’interno delle scene che per la fruizione delle stesse. Il nostro lavoro è anche ricerca e sperimentazione, per cui spesso e volentieri ci troviamo a utilizzare tecnologie diverse e creare anche mash-up particolari tra esse.
Le imprese sono i nostri partner nel progetto, a loro è dedicato il trasferimento tecnologico di quanto produciamo, da molte di esse abbiamo ricevuto il feedback che ci serve per migliorare e indirizzare meglio le risorse.
Il progetto nasce con evidenti finalità di promozione turistica. Avete pensato di integrare la dimensione ludica nell’esperienza degli utenti? Se sì, come?
La dimensione ludica è stato un punto su cui abbiamo discusso molto. All’inizio non volevamo inserire il così detto “elemento gaming”, perché ci piaceva l’idea che queste esperienze fossero una sorta di trailer di una potenziale visita in un luogo e null’altro. Non volevamo che il visitatore fosse distratto da altri elementi. Poi ci siamo resi conto che mancava qualcosa e sono stati proprio gli utenti a farcelo intuire. Abbiamo aggiunto elementi di gioco per rendere le visite più coinvolgenti: pur rimanendo su un contesto non ludico (l’obiettivo non è realizzare dei giochi), in questo modo, abbiamo potuto permettere ai visitatori di interagire maggiormente con gli elementi presenti all’interno della scena.
La Sardegna rappresenta un indubbio terreno di sperimentazioni dal punto di vista dell’uso delle nuove tecnologie per la valorizzazione del territorio (vedi anche il progetto PAC-PAC). Secondo voi questa sensibilità da cosa nasce? Avete incontrato interesse da parte delle istituzioni?
Abbiamo la fortuna di trovarci in una regione digitalmente avanzata. Qui sono nate realtà importanti, dallo stesso CRS4, a VideoOnLine e poi Tiscali, solo per citarne alcune. Questo ha sicuramente portato a un cambio culturale che unito all’amore che noi sardi abbiamo per la nostra terra ci conduce spesso a progetti che vedono la Sardegna protagonista. Le istituzioni sono state coinvolte fin da subito e devo dire che con loro il dialogo su determinati temi è sempre molto vivace e stimolante.
Prossimi step?
Il progetto volge alla sua conclusione, siamo alle ultime fasi. Penso che quanto è stato fatto sia importante e mi piacerebbe avere la possibilità di promuovere un SARIM 2.0, magari più focalizzato sulla messa a regime di determinati aspetti e la loro concreta integrazione nella filiera turistica.