Press Start to Learn: diario di lavoro #1

“Perché parlare di videogiochi a scuola? Già li utilizzano così tanto a casa, togliendo tempo allo studio!”, mi disse anni fa un’insegnante di una scuola secondaria di primo grado durante una pausa tra una lezione e l’altra. Naturalmente non era lei la docente che mi aveva invitato a scuola, ma aveva cordialmente deciso di scambiare due chiacchiere con l’ospite che stazionava in quel momento in corridoio. L’iniziale sorriso benevolo si trasformò in uno sguardo di diffidenza non appena l’insegnante scoprì che ero lì per fare una lezione sui videogiochi.

“Proprio perché li utilizzano così tanto a casa è secondo me importante parlarne anche a scuola”, le risposi. Non credo di averla convinta, all’epoca, perché l’espressione non mutò di una virgola; poi suonò la campanella e il tempo riprese a scorrere.

 

È un aneddoto che mi è rimasto impresso e che quando posso condivido in classe, sia con i docenti che con gli studenti. “Press Start to Learn – Percorsi di alfabetizzazione videoludica nelle scuole” deve probabilmente molto a quel breve confronto, peraltro emblematico di perplessità e dubbi che spesso riemergono ancora oggi tra gli insegnanti.
Perché estromettere dalle mura scolastiche un oggetto che fa sempre più spesso parte della nostra quotidianità? E perché videogioco e studio devono essere visti come due concetti contrapposti? Fermo restando la complessità di un tema che non può certo esaurirsi né in poche righe, né in un unico percorso didattico, introdurre i videogiochi nelle scuole apre numerose potenzialità educative.
È una questione sia di principio che di sostanza. Da una parte si “normalizza” la presenza del videogioco a scuola, strumento ulteriore a disposizione sia degli studenti che degli insegnanti. Dall’altra, pur con un monte orario per forza di cose contenuto, è possibile fornire esempi, consigliare approcci, offrire nuovi contenuti e chiavi di lettura. Il sottotitolo di Press Start to Learn parla proprio di alfabetizzazione: si iniziano a dare le prime coordinate, a illustrare legami inediti, a ragionare insieme sul perché quella contrapposizione di cui si parlava poco fa può invece diventare una relazione fruttuosa. Con l’opportunità, nemmeno così scontata, di scuotere i tipici equilibri: con gli studenti che arrivano in classe e propongono nuovi approfondimenti ai docenti e non necessariamente il contrario.

 

Foto Liceo Artistico Foppa

 

 

Press Start to Learn offre un doppio ciclo di incontri: uno dedicato a studenti e studentesse delle scuole secondarie; uno dedicato al personale docente. Mi soffermerò in questo diario sul percorso per gli studenti e in particolare sulla fase più teorica, quella che precede sia la sessione di gioco in classe, sia il laboratorio creativo. L’obiettivo non è solo introdurre, ma anche procedere con una panoramica in grado di spaziare tra opere e contesti differenti.
Il viaggio attraverso la storia dei videogiochi che dà il via alle lezioni non può dilungarsi molto (richiederebbe da solo un quadrimestre intero!) ma può diventare lo stratagemma attraverso cui attivare sia emozioni come la nostalgia (se è vero che il pubblico è giovane, spesso i ragazzi si fanno portavoce dei ricordi dei genitori), sia per soffermarsi sul concetto di genere. Come ogni libro e film, anche i videogiochi sono catalogati per generi ed è interessante osservare quanto il genere videoludico sia strettamente connesso sia all’azione principale che chi gioca compie, sia a ciò che l’opera si aspetta dal proprio interlocutore. Nei videogiochi è (quasi) sempre una questione di “fare qualcosa”, ma è bene non incorrere in un errore facile facile, ovvero pensare che l’interattività sia un concetto del tutto videoludico. In realtà, in una forma più cognitiva, riguarda per esempio anche i libri. In queste ultime righe sono emersi già stralci del confronto che è possibile attivare in classe, perché è opportuno che qualsiasi percorso di alfabetizzazione si basi sul dialogo e sulla condivisione di spunti non scontati.

 

Il passo ulteriore consiste nel creare legami con gli altri media, quelli che solitamente fanno parte dell’esperienza scolastica. Perché d’estate vengono consigliati i libri da leggere ma non i videogiochi da giocare? È una domanda che “smuove” la classe, perché si dà per scontato che certi media siano parte integrante del piano didattico e altri no. I videogiochi intrattengono un costante dialogo con gli altri media. Una relazione più o meno esplicita basata non solo sulla condivisione di linguaggi e retoriche, ma anche di contenuti. Compito del docente è quello di facilitare questo scambio, di mostrare come pratiche quali l’adattamento o la creazione di universi narrativi espansi sia ormai all’ordine del giorno.
Si può partire dalla Principessa Mononoke, bellissimo film d’animazione del 1997, per arrivare al videogioco Shadow of the Colossus (Sony Computer Entertainment, 2005) e infine a Leopardi. Mondi che hanno in comune molto più di quanto non si creda; sta ai docenti e alla classe proporre accostamenti, cogliere rimandi e citazioni. Una pratica non solo utile, ma anche intrigante. C’è persino un videogioco (anzi due, a dire il vero) dedicato all’Inferno di Dante. Dante’s Inferno (Electronic Arts, 2010) chiama in causa la dimensione etica dell’utente, consentendo a chi gioca di esprimere il proprio giudizio sui dannati: se nell’opera letteraria, già fissata su carta, il loro status non è messo in dubbio, il gioco consente di perdonarli o condannarli per sempre. Stimoli, incentivi, aperture.

 

Foto Liceo Artistico Foppa

 

 

Le materie si intrecciano: si va dalla letteratura alla storia dell’arte, dalle scienze alla storia. In che modo i videogiochi possono narrare il passato? Le guerre sono spesso al centro del racconto videoludico, con tutte le implicazioni e le polemiche del caso. Quel che si considera meno è che i videogiochi possano fare memoria: che il libro Se questo è un uomo di Primo Levi e il film Schindler’s List di Steven Spielberg possano essere accostati a Valiant Hearts (Ubisoft, 2014), titolo pubblicato nell’anno del centenario della Prima guerra mondiale, straordinario esempio di opera in grado di mescolare intrattenimento, memoria, rispetto e divulgazione.
Dalla storia al territorio il passo è breve: dopotutto, come slegare il racconto storico da quello del territorio? Press Start to Learn è un percorso promosso dall’Associazione IVIPRO, per cui l’attenzione per i luoghi reali non poteva certo mancare. Il videogioco può trasformarsi in efficace risorsa per raccontare la realtà che ci circonda. La disamina di numerosi case study evidenzia nuove opportunità didattiche: si scopre per esempio che la creazione di qualsiasi videogame legato al territorio richiede competenze trasversali, non di rado legate alle materie scolastiche: ricerca narrativa, scrittura, studio delle fonti e dei contesti storici, riscoperta delle narrazioni locali, creatività artistica. Non è un caso che Press Start to Learn, dopo questa prima fase introduttiva che è il fulcro del percorso, prosegua non solo con una sessione di gioco in classe volta a mettere in luce narrazioni e meccaniche “altre”, ma si concluda poi con un vero e proprio momento creativo legato al territorio.

 

I videogiochi possono entrare in classe, diventare terreno fertile di discussione; la pratica ludica non si contrappone a, ma può rappresentare uno stimolo per lo studio. I videogiochi sono intrattenimento ma possono essere anche divulgazione: basta attivare la propria curiosità, guardarli con occhi nuovi e senza pregiudizi.

 

Diario #1 a cura di Andrea Dresseno

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L’iniziativa Press Start to Learn – proposta dall’Associazione IVIPRO in partnership con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin” dell’Università di Bologna – è realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC-Ministero della Cultura e MIM-Ministero dell’Istruzione e del Merito