Press Start to Learn 2.0: palestra di cittadinanza dentro e fuori dal medium

Anche in questo secondo anno di progetto, il laboratorio di gioco in classe si è rivelato una vera e propria palestra di cittadinanza. Significativi sono stati i confronti dialettici che, partendo dal testo videoludico, hanno innescato riflessioni su contenuti culturali ed etici di grande attualità, nonché criticità, che faticano a “stare dentro” i libri di testo e a trovare spazio nelle aule scolastiche.

 
In alcune classi si è proposto di giocare, divisi in gruppi, a Papers, Please, creando un forte coinvolgimento sia nelle modalità decisionali, sia nel dibattito che si è aperto in seguito, a classe unita. Gli elementi estetici del gioco (suoni, colori, ambientazioni) in dialogo con un gameplay così “ripetitivo quasi da sembrare monotono e alienante” – come ha sottolineato uno studente – hanno suscitato molto interesse. Si è riflettuto su come l’ambientazione “brutalista” (così definita da alcuni studenti, con grande stupore del docente che non pensava conoscessero con così competenza questo stile) – unita a una musica “metallica e industriale”, quasi ipnotica, ai personaggi che “assomigliano più a figurine che a persone, come fossero solo dei numeri” – sia in grado di trascinare all’interno del mondo di gioco, favorendo l’immedesimazione (e l’alienazione). È stato davvero emozionante partecipare all’intenso scambio che ha preso vita “pensando nel gioco”, ma anche “fuori dal gioco”, riflettendo sulla sua dimensione metaforica.
“Mantenimento della famiglia e della sicurezza del Paese”; “Scelta tra il guadagno personale e la vita delle persone”; “Adesione alla visione politica di uno Stato o ribellione”; “Gestione dell’immigrazione”: questi alcuni degli obiettivi del gioco individuati da studentesse e studenti, che hanno innescato dibattiti su questioni politiche ed etiche molto coinvolgenti.

 

 

Ho chiesto chi, secondo loro, avesse il potere di decidere durante la partita. Ecco alcuni scambi significativi: “Può sembrare che siamo noi, che abbiamo il ruolo del doganiere, ma in realtà è un potere gerarchico, al cui vertice c’è il potere di uno Stato autoritario in cui non si è mai davvero liberi di scegliere”; “I regimi totalitari sono terribili! Vogliono convincere i cittadini che li fanno vivere in sicurezza, ma in realtà esercitano un controllo totale sulle loro vite, a partire dalle informazioni”; “Scegliere tra guadagnare per mantenere la famiglia e ascoltare i bisogni delle altre persone… a volte è ingiusto e non di facile soluzione”.

 

Abbiamo quindi riflettuto su quale sia la minaccia più pericolosa per la sicurezza del Paese. In diversi hanno suggerito che sia il terrorismo a minacciare la sicurezza del paese, nel videogioco così come nella realtà. “Ma forse – ha argomentato uno studente che, a detta del docente, solitamente è silenzioso, non interviene quasi mai a lezione – il terrorismo è generato proprio da come si comporta politicamente questo Stato. Ciò che mi ha dato più fastidio e mi ha fatto pensare mentre giocavo è stato non sapere il motivo delle leggi che dovevo applicare, da cosa nascessero, perché si era arrivati ad emanarle. Le ho sentite come imposte e senza senso, e io dovevo accettarle senza che mi venisse data la possibilità di capirle, e quindi scegliere come cittadino libero. Forse è questo il pericolo più grande per lo Stato…”.
Una studentessa ha aggiunto: “Si possono sacrificare le persone per i soldi? Uno Stato che crea questo tipo di scelta sociale – o il mio bene o quello degli altri – non è forse esso stesso a creare il pericolo di odio e violenze tra i cittadini?”

 

 

Altre domande si sono generate, andando al di là delle scelte fatte nel gioco, domande quanto mai attuali nella costruzione di idea di cittadinanza globale. Cosa rende cittadini di un luogo? Quali elementi contribuiscono a fare di uno Stato un regime di dittatura? L’informazione può mai considerarsi “libera” davvero, anche in un Paese democratico? Chi controlla i contenuti, le notizie e come vengono narrate? Si possono sacrificare le persone per i soldi? Le risposte non ci sono e non si debbono trovare, come a un quiz o durante un compito in classe, ma rappresentano cornici ampie dentro cui costruire apprendimenti di vita: “Non è sempre facile fare la scelta migliore nella vita”; “L’importanza di essere corretti, non solo verso la propria famiglia, ma anche di pensare agli altri”; “Il tempo è prezioso quanto o più del denaro”.

 

La stessa modalità didattica di gioco condiviso in gruppo è stata preziosa. “Abbiamo sperimentato che insieme siamo più forti. Ognuno contribuiva dando un’idea e si trovavano soluzioni che da soli non saremmo riusciti a trovare, o almeno non in così poco tempo”; “Durante il gioco abbiamo avuto sia delle divergenze che uno scambio di emozioni, sia felici, quando abbiamo raggiunto l’obiettivo, sia di rabbia, quando abbiamo ricevuto ammonimenti. Abbiamo cooperato molto e non pensavamo di farlo videogiocando…”; “Ci ha fatto confrontare su questioni di cui non parliamo spesso e ci siamo anche divertiti molto, perché ci ha fatto fare gruppo sperimentando in concreto”.

 

Ma non dovevamo solo videogiocare?

 

Diario #3 a cura di Rosy Nardone

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L’iniziativa Press Start to Learn 2.0 – proposta dall’Associazione IVIPRO in partnership con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin” dell’Università di Bologna – è realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC-Ministero della Cultura e MIM-Ministero dell’Istruzione e del Merito