Milano in gioco: intervista a Italo Games

IVIPRO ha intervistato Emmanuele Tornusciolo di Italo Games, team milanese che nasce con l’intento di proporre su scala internazionale produzioni videoludiche dal chiaro stampo italiano: per ambientazione, estetica, tematiche. Milanoir, il loro primo progetto, è in fase di realizzazione.

Milanoir

 

Qual è il tuo rapporto con la città di Milano?

 

Sono nato a Milano da genitori a loro volta nati a Milano, ma con nonni nati altrove in Italia (la parte materna in provincia di Milano, quella paterna a Benevento, in Campania). Ho vissuto a Milano i primi anni della mia vita, poi ci sono ritornato nel 2012, quando ho cominciato a lavorare. Questa città risucchia attorno a sé tutta la periferia circostante: grazie alla sua forza attrattiva di metropoli è inevitabile che gli gravitino attorno educazione, vita mondana e lavoro. Anche il mio collega è stato attratto inevitabilmente da Milano a partire dall’ambiente provinciale lombardo.

 

Milanoir

 

Nei primi articoli dedicati al gioco è stato più volte sottolineato il vostro rapporto con il cinema poliziesco-noir italiano. Da dove proviene l’ispirazione per queste atmosfere e quanto realmente esiste (o è esistito) di questa Milano violenta degli anni ‘70 ritratta nel gioco?

 

Questi film sono spesso ambientati in grandi contesti urbani italiani. Alcuni di questi film sono girati a Milano e mi sono piaciuti particolarmente. Mi hanno consentito di trovare l’ispirazione per la storia del videogioco: basta citare Milano calibro 9, Milano odia: la polizia non può sparare, Milano rovente, La mala ordina, ecc. Per scendere ancor di più nell’anagrafico, l’interesse per questo genere cinematografico è nato da una dimensione più familiare: se dovessi andare a identificare il momento esatto in cui ho iniziato a interessarmi di musica e cinematografia italiana anni ’70, lo ritroverei quando dai nonni a Benevento abbiamo riesumato un piccolo proiettore cinematografico per pellicole in Super 8 e, tra le varie, c’era questo filmato dei miei nonni con mio padre e mio zio ancora piccoli per le strade di Milano. Mi dissi che prima o poi avrei sviluppato un videogioco ambientato lì. Successivamente ho conosciuto questi film e il filone della musica progressive a essi associata. Quando mi sono trovato con Gabriele per decidere che gioco sviluppare, ho tirato fuori questo bagaglio giovanile per usarlo al meglio. Il genere di Milanoir in realtà non è un poliziottesco, dove solitamente il protagonista è un poliziotto superincazzato, un Rambo italiano che da solo riesce a far fuori un’intera banda di criminali; ci avviciniamo di più al noir, perché si rifà a Milano calibro 9, dove il protagonista non è un poliziotto e la trama si sviluppa come un gangster movie in salsa italiana.

 

Milanoir

 

In che modo vi siete rapportati ai luoghi della città? Avete eseguito delle ricerche storiche o effettuato dei sopralluoghi?

 

Il taglio che abbiamo dato al nostro gioco non è un taglio documentaristico. Non ci interessa ricostruire esattamente la Milano degli anni ’70 né effettuare una ricostruzione storica. Inoltre, il budget salirebbe e tantissime forze verrebbero richieste in tal senso. Fosse stato uno strategico a turni o qualcosa di simile avrebbe avuto senso, ma sarebbe stato un prodotto diverso. Detto questo, tuttavia, abbiamo voluto trasmettere verosimiglianza, usando fonti del passato per disegnare e fornire un certo mood ai livelli. Le principali fonti utilizzate sono state le fotografie dell’epoca e, oltre a ciò che si può trovare in rete, c’è stato di particolare aiuto una pagina Facebook che si chiama “Milano sparita e da ricordare”. Per il livello ambientato ai Navigli, per esempio, abbiamo preso ispirazione dalle foto inerenti agli anni ’60-’70. Ci siamo poi serviti dei film sopraccitati, osservando i luoghi della città in cui sono state girate le scene. Infine, abbiamo effettuato veri e propri sopralluoghi, poiché abbiamo la fortuna di avere lo studio in cui lavoriamo vicino ai Navigli: il fatto di osservarli ogni giorno con occhio videoludico era un po’ straniante a dire il vero! Anche passare sotto la Porta Ticinese e pensare allo scontro con Ciro, il boss del gioco, è stato divertente.

 

Per il primo livello del gioco abbiamo utilizzato la stilizzazione di abitazioni tipiche della città, le cosiddette “case di ringhiera”, in cui sono presenti una corte interna e le balconate intorno che salgono via via. Adesso stanno tornando di moda, ma sono nate nei primi anni del Novecento, con un intento sociale diverso (l’idea all’inizio era quella di un contesto molto più rurale, con la condivisione dello stesso cortile popolato da tante famiglie). Il secondo livello è ambientato in un deposito di tram e, per fortuna, nei pressi del nostro ufficio si trova il deposito di tram più antico di Milano, in via Custodi. Siamo stati lì col grafico, facendo delle foto e ricostruendone la facciata.

 

Milanoir

 

Ci sembra che Milano si presti bene alle atmosfere notturne underground, a un humus metropolitano simile allo stereotipo di molte città statunitensi, ricche e ordinate di giorno, losche e colme di vizi nelle ore notturne. Quale pensi possa essere il valore videoludico della vostra città?

 

Milano è una città che si presta bene al genere noir ed è molto conosciuta all’estero, quindi penso possa risultare vincente. Contiamo molto sull’idea di ambientare un gioco in Italia. Abbiamo scelto Milano per la conoscenza che abbiamo già della città, poiché viviamo qui. Vogliamo evitare qualsiasi tipo di stereotipo che riguardi l’Italia o Milano e, nello specifico, evitare le classiche location. Tengo molto all’idea di ambientare un gioco in Italia, perché nella scena indie internazionale l’identità tende ad appiattirsi: ci si dirige verso l’internazionalità, con l’utilizzo della lingua inglese e di certi stilemi tematici e narrativi comuni. Non è del tutto – e necessariamente – negativo, ma si assiste a una sorta di omologazione della rappresentazione culturale. Per esempio, che differenza c’è tra un gioco realizzato da un team messicano, da un team francese o tedesco? Nella sostanza, c’è poca caratterizzazione dal punto di vista stilistico e ambientale. Desideriamo che la cultura e la storia di un Paese – e dello stesso team – emergano, pur senza sfociare nel campanilismo. Abbiamo la fortuna di avere un patrimonio artistico, urbanistico e di grande valore in Italia: perché non raccontarlo?

 

Intervista a cura di Daniele Barresi