Integrare videogioco e didattica è un processo che non può che partire da un dialogo a più livelli. È necessario sì sensibilizzare sull’uso del medium, sulla sua profondità testuale ed esperienziale, sulle sue potenzialità in campo didattico e sociale e anche sui potenziali rischi implicati da un approccio scorretto o superficiale, ma tenendo presente che non basta rivolgersi a uno solo degli attori della didattica.
Di attori, a ben vedere, ce ne sono almeno due: gli studenti e il corpo docenti. Senza il loro accordo, semplicemente, la scuola non può funzionare. Abbiamo coinvolto nel progetto Press Start to Learn i docenti proprio per questo motivo, per cercare di instaurare un dialogo che, includendo entrambi gli attori dello scambio didattico, potesse essere più ricco e attento possibile. Ovviamente, studenti e docenti non hanno né le stesse esigenze né prospettive simili, ma si approcciano alla didattica con un bagaglio ben diverso. I nostri incontri con i docenti sono quindi ruotati attorno ad aspetti analitici, strutturali e strumentali di un uso didattico del videogioco.
Ho incontrato i gruppi di docenti coinvolti nel progetto Press Start to Learn due volte. Gli incontri sono stati molto diversi, sia nella finalità che nel taglio: il primo aveva lo scopo di proporre una prima mappatura didattica del videogioco, dal punto di vista dei generi esistenti quanto della profondità storica; il secondo invece è ruotato attorno alla progettazione di un’unità didattica in cui il videogioco avesse un ruolo centrale. I due incontri sono stati anche arricchiti da una costante condivisione di esperienze personali, che ha contribuito a formare un terreno di scambio comune su cui cercare confronto, ma anche su cui sfidare approcci già rodati e idearne di nuovi.
Il primo incontro ha avuto due focus principali: la storia del videogioco e una mappatura dei principali generi. Due focus che, portati in un corso con target di docenti, presentano in genere una sfida abbastanza rilevante: se il docente coinvolto conosce già i videogiochi, al più potrà trovare interessante dei cenni sulla storia del medium ma ridondante la mappatura dei generi presenti; se il docente invece non li conosce affatto, il rischio è quello che i numerosi dati forniti (per quanto le due panoramiche siano per forza di cose sintetiche ed essenziali) diventino eccessivi, di fatto scoraggiando ogni tentativo di avvicinamento.
Per accompagnare i docenti all’esplorazione di questi aspetti, ho allora approcciato le questioni allacciandomi anzitutto allo scenario teorico della media education e alle sfide presentate dalla didattica. Se fare media education vuol dire anzitutto “educare ai media”, “attraverso i media” e “grazie ai media”, allora precondizione necessaria per ogni processo di media education sarà, da parte del docente o educatore, quella di conoscere al meglio il medium che si va a integrare nello scambio didattico. Su questa base abbiamo esplorato sinteticamente la storia del videogioco e la varietà di generi videoludici, con attenzione particolare a due elementi nello specifico: ricadute didattiche delle forme espressive e narrative del videogioco e profondità storica del medium. Entrambi sono pane quotidiano di chiunque si occupi di discipline umanistiche o artistiche: quale modo migliore di esplorare la complessità di un medium se non afferrarne la profondità storica e le varietà espressive?
La panoramica sulla storia del videogioco è servita in particolare non solo per passare in rassegna sviluppi contenutistici e narrativi, ma anche e soprattutto per mettere questi in parallelo con l’evoluzione tecnologica del medium, dagli albori (dopo la prima metà del Novecento) a oggi, passando le implicazioni sociali (dal cabinato arcade all’ingresso del videogioco negli ambienti domestici); economiche (per esempio il “passaggio di testimone” dal mercato americano a quello giapponese negli anni Ottanta); se vogliamo antropologiche (dalla console al mercato mobile, dall’adattamento all’ecosistema mediale) del videogioco. Il tutto condito da un ampio riferimento al prezioso bagaglio di ricordi, esperienze e riferimenti culturali che anche chi non ha mai videogiocato può cogliere, perché è fondamentale accorgersi anche di questo, del fatto che il videogioco segue la nostra storia (e si integra a essa in molti modi) da più di mezzo secolo, ed è quindi più o meno presente nelle vite di ognuno, anche di docenti che magari lo ignorano.
Abbiamo poi chiuso il primo incontro con una prima esplorazione di possibili percorsi didattico-videoludici, facendo leva su un’altra caratteristica che nel medium è più che rilevante, soprattutto in chiave didattica: il suo potenziale interdisciplinare. Come il cinema, più che il cinema, il videogioco integra linguaggi diversi, intessendo con altri media un dialogo costante e serrato. Il tanto amato Among Us (2018), esempio che molto spesso nelle classi getta scalpore, è facilmente associabile per esempio al film La Cosa di John Carpenter (1982), che è a sua volta adattamento di un racconto del 1938, La cosa da un altro mondo. Vari media, diversi momenti storici, una fitta rete di rimandi ed echi. Ho allora proposto ai docenti alcune idee per portare in classe non solo i videogiochi, ma anche il bagaglio di esperienze mediali che questi richiamano (anche dalla prospettiva storica o espressiva).
Il secondo incontro è stato un vero e proprio laboratorio didattico. Ho invitato ciascun docente a lavorare su un modello di unità di apprendimento con la precisa finalità di progettare un percorso che integrasse i videogiochi in un ambito disciplinare specifico. È stata occasione per ognuno di mettere in campo le proprie competenze, conoscenze, e anche di riflettere sui propri gruppi-classe (ognuno con specificità ed esigenze uniche). Il modulo era suddiviso in varie sezioni su cui abbiamo avuto modo di riflettere prima di procedere alla compilazione in forma di brainstorming condiviso. Tra queste erano inclusi: la composizione della classe; il contenuto dell’unità di apprendimento; i metodi e gli strumenti scelti (con riferimento specifico alla gestione dei tempi e delle attività); la verifica finale degli obbiettivi posti in partenza.
Riflettendo su ciascuna sezione, abbiamo avuto modo di soppesare varie strategie di integrazione del videogioco nella didattica. Ho proposto di riflettere in particolare sui prerequisiti di apprendimento e sulla personalizzazione in ottica di Bisogni Educativi Speciali di varia sorta (aspetto di primaria importanza per una scuola inclusiva). Entrambi i fattori pongono sfide stimolanti di progettazione, anche considerando come il videogioco presti spesso il fianco a criticità sul fronte dell’accessibilità e dell’inclusione, e sono stati infatti spunto per innescare discussioni su metodologie specifiche – molto spesso per esempio si è parlato di prediligere esperienze videoludiche in gruppo anziché individuali, in modo che le capacità dei singoli studenti e studentesse potessero amalgamarsi e compensarsi dinamicamente.
Questo momento di progettazione ha chiuso Press Start to Learn e dato modo di osservare i risultati tangibili del percorso sulla creatività dei docenti. Tra i percorsi ideati, molti hanno ibridato metodologie laboratoriali e prospettive teoriche, per esempio invitando le classi a mettere in parallelo pixel-art e puntinismo allo scopo di scoprire l’affinità tra due forme espressive così distanti eppure vicine, per poi chiedere a studentesse e studenti di ibridarle in un progetto grafico unico; a esplorare la composizione fotografica tramite la photo mode di alcuni videogiochi, per poi tramite un fotomontaggio far comparire personaggi digitali incontrati in precedenza in scenari fotografati dal vero; oppure ancora a percorrere un itinerario videoludico per approfondire tematiche come l’ambientalismo, il disturbo mentale, la discriminazione o l’inclusione. I docenti sono stati liberi di ideare i loro percorsi da zero, tanto nel tema quanto nei contenuti, cercando e scegliendo autonomamente videogiochi che potessero essere adatti al loro scopo. Affascinante notare come, facendo tesoro di questa autonomia, i docenti abbiano ideato percorsi innovativi, in cui il dialogo tra linguaggi e discipline è costante, e in cui il videogioco viene implicato nella sua complessità, nella sua attualità, senza ricadere (pigramente, come spesso accade) sul genere educativo.
Diario #4 a cura di Stefano Caselli
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L’iniziativa Press Start to Learn – proposta dall’Associazione IVIPRO in partnership con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin” dell’Università di Bologna – è realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC-Ministero della Cultura e MIM-Ministero dell’Istruzione e del Merito