Football Drama: l’epica calcistica e la cultura popolare

Il calcio è solo calcio. Lo dicono in molti, eppure è difficile negare la stretta interdipendenza che c’è tra lo sport più amato e odiato del mondo e la cultura popolare. Lo stiamo vedendo anche durante il mondiale di Russia, una competizione per nulla scontata, dove l’imprevedibilità dei gesti tecnici si unisce alla meraviglia dello sforzo collettivo di squadre sulla carta poco blasonate che si affacciano sul grande palcoscenico e inseguono imprese più grandi di loro.

È il mondiale del crollo degli dei spagnoli, argentini e tedeschi, del nuovo che avanza grazie alla Croazia e al Belgio, stufe di essere eterne promesse, e delle sorprese, come la Svezia, la nazionale scandinava che ha vissuto un sogno bellissimo dopo aver consegnato la nostra compagine all’oblio durante il tragico spareggio di qualificazione. Eppure, il dramma sportivo italiano non ha fermato i tifosi tricolore, che mai come quest’anno si sono confermati spettatori appassionati, facendo segnare record di ascolti televisivi con un’audience trasversale, composta sia da chi vive di calcio tutto l’anno, sia da chi invece si ferma a curiosare solo durante i mondiali. Gli italiani sono diventati fervidi sostenitori dei propri beniamini delle squadre di club, oppure amanti delle periferie del calcio, perché è nell’umana natura parteggiare per coloro che sono sfavoriti, perché quella che va in scena sul rettangolo di gioco è la più moderna rappresentazione condivisa delle battaglie raccontate dall’epica classica. Pier Paolo Pasolini diceva che il calcio rappresenta “rito di fondo ed evasione, l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”, nonché un vero e proprio linguaggio basato su una grammatica generativa sulla base di ventidue podemi.

 

Rocco Galliano è un uomo solo al comando

 

Il legame tra gli intellettuali e il calcio, anche nel nostro Paese, è stretto, per quanto la mercificazione dello sport abbia aiutato a costruire nel pensiero comune un solco profondo tra cultura alta e narrazione calcistica comune. La cifra del racconto sul pallone, nel nostro paese, ha subito una profonda crisi, adagiandosi sul dibattito televisivo spicciolo, sugli strilli sensazionalistici e sul gossip selvaggio, pur avendo una tradizione culturale illustre, che oltre a Pasolini può contare su riflessioni, scritti e poesie, tra gli altri, di Leopardi, Ungaretti e Umberto Saba, nonché di figure che dal mondo del campo si sono consegnate alla storia, come il celebre allenatore e maestro Nereo Rocco. Negli ultimi anni, per fortuna, il racconto sportivo, anche nel nostro paese, sta vivendo un periodo di rinascita, grazie alla valorizzazione della cultura pop, ma anche allo sdoganamento di un parlare di calcio slegato dalla necessità del giudizio di valore della prestazione, ma più conforme allo storytelling di stampo statunitense, condito da una profonda tradizione culturale europea. Dalla linea editoriale di alcune testate sportive dedite soltanto all’approfondimento e al racconto, fino allo sdoganamento al grande pubblico del racconto quasi teatrale di giornalisti come Federico Buffa, anche in Italia è cominciato un processo di decostruzione e rinascita che combatte il riduzionismo della cultura sportiva.

 

Il problema della rappresentazione dello sport, però, non è solo italiano, ma si inserisce in un contesto mondiale dove il carattere umano della narrazione assume sempre più valore, anche al di fuori dei paesi anglosassoni, dove la tradizione letteraria relativa alle imprese degli atleti non è mai stata messa in discussione. Per questo motivo, anche nel mondo dei videogiochi, l’emotività delle vicende agonistiche ha guadagnato un peso maggiore. Non è un caso che FIFA, titolo calcistico più celebre al mondo (e di gran lunga il videogioco più venduto in Italia), nelle ultime due edizioni abbia introdotto una modalità storia estremamente amata dal pubblico, per quanto strettamente legata agli stereotipi della narrativa sportiva con il protagonista, Alex Hunter, che segue la classica parabola dell’eroe di Joseph Campbell, molto simile, tra l’altro, al percorso di Santiago Munez della trilogia cinematografica Goal. Il fattore umano, però, è evidentemente il fil rouge della produzione videoludica di questa generazione, tanto che anche in Football Manager, storica e amatissima saga manageriale sviluppata da Sports Interactive, la vita degli atleti e la gestione dello spogliatoio sono diventati aspetti cruciali del gioco. È chiaro, scorgere delle emozioni e percepire il racconto in mezzo a una miriade di numeri e statistiche è complicato ed equivale a decodificare la realtà attraverso il codice di Matrix, ma lo “human touch” di Football Manager è probabilmente uno degli esempi più affascinanti di narrativa emergente nel mondo dei videogiochi, e in molti casi predice e interpreta la realtà con insospettabile precisione.

 

La classifica della Thiefa League

 

In questo scenario, il mondo sembra pronto per videogiochi sportivi narrativi originali, e dopo alcuni esperimenti relativi alla riproduzione dei classici libri game (come New Star Soccer G-Story dei britannici New Star Games), è una software house indipendente italiana a proporre qualcosa di profondamente nuovo. Football Drama di Open Lab Games è un titolo in sviluppo, che arriverà nel corso del 2019 su iOS, Android e PC, ed è una vera e propria avventura narrativa con aspetti manageriali. Si tratta del primo videogioco commerciale della software house fiorentina, attiva però nel mondo del serious gaming da anni. “Football Drama nasce proprio dalla scoperta dello storytelling calcistico, di cui non ero per nulla consapevole”, ci racconta Pietro Polsinelli, game designer del progetto. “Intorno al 2015 ho cominciato a scoprire questo aspetto, una vera e propria letteratura, di grande qualità e interesse, che vede coinvolti un notevole numero di scrittori, filosofi, poeti e antropologi. Mi sono reso conto di quanto l’epica del calcio abbia una sua dignità culturale, e di come questa dimensione manchi totalmente, nei giochi più di successo. Anche Football Manager, che fa benissimo quello che deve fare, è comunque un titolo orientato alla gestione e alla tattica, e questo fa sì che sia un po’ freddino e che manchi di una certa atmosfera. Eppure, anche solo esaminando le abitudini di gioco dei suoi e la profondità delle meccaniche si riesce a percepire un’eco della potenza della narrazione calcistica”. Nel suo essere comunque una produzione minore, per scopi e per mezzi, Football Drama vuole provare, invece, a restituire la magia del racconto dello sport più popolare del mondo.

 

Lo stile grafico unisce tradizione e post-modernismo

 

Football Drama, in forma estremamente semplificata e anche un po’ folle, è un manageriale calcistico. Un po’ folle perché non si basa sui dati reali, né cerchiamo di essere realistici nella simulazione della gestione, che è comunque presente”. Istintivamente, pur essendo il frutto di un ragionamento di un osservatore esterno, che si è avvicinato al significato del gioco del calcio attraverso la teoria, i presupposti del titolo di Open Lab Games ricordano quelli di un paio di titoli abbastanza iconici nella storia dei manageriali calcistici. Il primo è Calcio Manager, versione italiana di On The Ball 2 (a sua volta edizione europea del teutonico Anstoss 2), titolo del 1997 che univa a una peculiare e importante impalcatura che simulava in maniera verosimigliante il mondo del calcio, una vena grottesca e narrativa assolutamente originale, fatta di storie di corruzione arbitrale, doping e una certa libertà creativa nella conduzione della gestione del proprio team. L’altro titolo con cui è possibile stabilire un collegamento è più recente, risale al 2013, ed è quel Lords of Football della software house ligure Geniaware, un ambizioso progetto che univa un classico manageriale a un simulatore di vita in stile The Sims. Per quanto brillante nelle sue meccaniche e nelle sue ambizioni, Lords of Football è passato alla storia come un ibrido poco riuscito, arrivato nei negozi fin troppo acerbo. Anche nel caso di Football Drama c’è una ricerca dell’originalità evidente sin da “un’atmosfera tutta sua, estremamente particolare, sia dal punto di vista dell’estetica che da quello dell’interfaccia utente. Forse non è un gioco adatto a tutti, ma di sicuro è un titolo che può essere apprezzato anche da chi non è un appassionato di calcio”, aggiunge Polsinelli. Proprio sotto il profilo grafico, è evidente il collegamento all’immaginario romantico del mondo del pallone, quasi vintage, che richiama alla memoria immediatamente una dimensione più umana, ma anche Flick Kick Football Legends, titolo mobile che con la sua impronta fumettistica è tra le fonti di ispirazione del progetto.

 

La classifica della Thiefa League

 

La natura ibrida del gioco, con la sua impronta estremamente narrativa, ha permesso al team di Open Lab di contaminare la struttura di gioco guardando a diverse altre esperienze narrative indipendenti, come quella di 80 Days, la splendida rilettura da parte di Inkle del romanzo di Verne Il giro del mondo in ottanta giorni, soprattutto riguardo all’uso e all’integrazione del testo all’interno del gioco (a questo proposito, Pietro Polsinelli e Daniele Giardini hanno dedicato un approfondimento su Gamasutra). “Quello che vogliamo esprimere è proprio l’epica del calcio. Perché gli appassionati non sono pazzi, ma alla base c’è un bisogno di battaglie ed eroi in cui identificarsi. Il calcio soddisfa perfettamente questo bisogno, senza la necessità di spargimenti di sangue e vittime”, e il modo per farlo, secondo Polsinelli, per una piccola produzione, è soprattutto attraverso i minimi dettagli, e un racconto coinvolgente. Un plot che prova a portare quell’aspetto romantico del calcio di un tempo, ma che racconta anche molto della tradizione calcistica del nostro continente. In Football Drama il giocatore affronta un campionato di dieci squadre che sembra una super lega mondiale, ma c’è anche un po’ di provincia italiana con il Volscinone, evidente riferimento al Frosinone in omaggio alle origini del padre di Polsinelli.

 

L’aspetto più popolare del calcio però non è casuale, visto che per costruire il contesto narrativo “abbiamo studiato il calcio come fenomeno antropologico, e il suo rapporto con la società. Una grande attenzione è stata riposta nel comprendere come sono nate alcune squadre, che hanno storie molto interessanti”. Si vestono i panni logori di Rocco Galiano, un allenatore che torna alla ribalta dopo sette anni, e si siede sulla scottante panchina del Calchester Assembled per affrontare la Thiefa League, un duro campionato a dieci squadre immerso in un contesto narrativo estremamente forte, che propone temi come la dissolutezza della vita dei calciatori, i problemi personali del protagonista, ma anche la tentazione a sacrificare la propria etica per trovare scorciatoie illegali per la vittoria o fare compromessi con una visione estremamente pragmatica e commerciale del calcio. A rappresentare il mondo in giacca e cravatta del pallone moderno c’è l’eccentrico presidente Boris Aluminovitch, ispirato chiaramente a Roman Abramovič, proprietario del Chelsea. La fotografia del calcio inglese, istantaneamente richiamata alla mente sia dal presidente che dal nome del team guidato Rocco Galliano, inserisce immediatamente Football Drama in un quadro di riferimento letterario che porta alla mente Nick Hornby e il suo Febbre a 90, romanzo autobiografico del celebre autore inglese tifosissimo dell’Arsenal. Alle sirene britanniche, però, fa da contraltare proprio la tradizione italiana, che al di là delle fascinazioni pasoliniane, trova due riferimenti molto importanti. Il primo è lo splendido mockumentary di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni Il Mundial dimenticato del 2011, che racconta del fantomatico mondiale del 1942 giocato in Patagonia a ridosso del conflitto mondiale, e dall’altro il nome del protagonista, che richiama alla memoria proprio Nereo Rocco, la cui massima “in campo come nella vita”, riassume in maniera perfetta anche la dinamica di gameplay principale del gioco, che unisce l’aspetto della performance calcistica e la narrazione.

 

Lords of Football di Geniaware

 

“Il legame tra la storia e le performance della squadra è gestito tramite alcune carte speciali, che possono essere guadagnate durante i dialoghi con personaggi interessanti, le conferenze stampa e tutte le vicende legate al racconto. Il personaggio ha sempre due dimensioni, una karmatica e una caotica, e il giocatore può scegliere quale delle due coltivare. Ovviamente questo ha un’influenza su come gioca la tua squadra, e c’è un legame strettissimo tra evoluzione narrativa e calcistica” spiega Polsinelli, aggiungendo che ovviamente il flusso della storia è chiaramente influenzato dai risultati, e inanellare una serie di sconfitte, porta a un epilogo prematuro della vicenda, che prevede diversi finali canonici in base alle scelte compiute durante il corso della storia e al piazzamento del Colchester Assembled. “Alla base del gameplay c’è una dinamica di deck building. Tramite le fasi narrative si possono accumulare alcune carte, come eventi e poteri speciali, che tornano utili durante le partite, e la variante strategica diventa proprio la gestione di queste abilità speciali. L’intervento del giocatore sull’andamento dei match è invece legato a un meccanismo binario, dove in ogni momento si può scegliere se rischiare o meno”, racconta il game designer toscano. È proprio il motore di gioco la parte più pronta e funzionante di Football Drama, con il team che deve adesso invece dedicarsi allo sviluppo e all’integrazione del plot, un aspetto cruciale ed estremamente complesso. Pur nel suo essere dichiaratamente un piccolo progetto indipendente, il titolo di Open Lab Games non è affatto banale, e per stessa ammissione del team le difficoltà non sono poche, soprattutto in termini di bilanciamento degli elementi. Da questo punto di vista, però, la grande esperienza nel campo dei serious games e dei prodotti su commissione rappresenta un bagaglio di vitale utilità nell’affrontare la complessità del progetto.

 

La chiacchierata con Pietro Polsinelli si chiude con una considerazione sul rapporto tra le persone e il calcio, che generalmente è uno sport che si ama o si odia e che polarizza le opinioni di tutti. Football Drama si inserisce in un’intersezione peculiare, dove la bellezza del gesto sportivo incontra la vita delle persone, e può generare qualcosa di interessante e significativo da diversi punti di vista. Per raccontarlo a un pubblico non necessariamente fan degli aspetti più tecnici e tattici è forse necessaria la sensibilità di una persona che si trovi a metà strada, che guardi al calcio con lo sguardo da osservatore partecipante proprio dell’etnografo, ovvero quel riuscire contemporaneamente a essere dentro e fuori una comunità per provare a studiarla dalla giusta distanza. Proprio Polsinelli, d’altronde, si definisce una figura intermedia, che ha sempre ammirato il calcio per la bellezza del gioco, innegabile, proprio dal punto di vista del game design. “Non sono mai stato un grande tifoso, però, se non della nazionale italiana. Da quando mi occupo di Football Drama, ho imparato tanto sul calcio, dai dettagli del regolamento all’evoluzione della forma del terreno di gioco. Diciamo che sono diventato esperto di cose bizzarre, e di aspetti connessi al calcio” conclude il game designer. D’altronde, come ribadisce José Mourinho, uno degli allenatori più famosi al mondo, nella prefazione di The Soccer Tribe di Desmond Morris, chi sa solo di calcio, non sa nulla di calcio.

 

Articolo a cura di Davide Mancini