Il 25 ottobre 1927, al largo delle coste brasiliane, affondava il piroscafo italiano Principessa Mafalda, salpato due settimane prima dal porto di Genova. Una tragedia – le vittime furono centinaia – che i media italiani del tempo cercarono di minimizzare. L’Italia si trovava in piena epoca fascista.
Princesa Mafalda, visual novel realizzata da un team di studenti formatosi alla Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti di Milano, racconta il viaggio del piroscafo italiano dal punto di vista di tre passeggeri coinvolti nel naufragio. Il videogioco diventa strumento della memoria, veicolo di riflessione storica e politica. IVIPRO ha rivolto alcune domande al Team Cavallini.
Volete presentarvi e raccontarci perché avete scelto la storia del piroscafo Mafalda? C’è stato un evento o un’idea che vi ha portato a scegliere questo soggetto storico per il vostro videogioco?
Il nostro Team nasce da un contesto scolastico. Siamo tutti studenti della scuola di cinema e televisione Luchino Visconti, divisi fra Multimedia e Animazione. Abbiamo scelto di aderire a questo progetto per motivazioni diverse: c’è chi è amante dei videogiochi, c’è chi è curioso, chi consapevole delle potenzialità espressive di questo medium. Tutti noi, in ogni caso, eravamo molto motivati ed entusiasti.
Quanto al soggetto storico, è stata una proposta della direzione, per celebrare il novantesimo anniversario dell’affondamento del piroscafo Principessa Mafalda e per ricordare, o anche solo divulgare, un fatto storico che in pochi conoscono. Trovandoci fra le mani un soggetto così delicato, abbiamo fatto del nostro meglio per rendergli giustizia, per ricostruire un’Italia degli anni Venti curata, partendo dai maggiori avvenimento storici e dai movimenti artistici dell’epoca.
Che importanza assumono la storia e i luoghi italiani nel rappresentare una vicenda così drammatica? In particolare, nel gioco avete disegnato il porto di Genova, luogo che, tra fine ‘800 e inizio ‘900, è stato luogo di addii e ritorni, di scambi culturali e specchio di tutta la società italiana.
Come detto poco fa, la storia e i luoghi italiani sono tutto: la base, il nucleo, il sottotesto. Sono fondamentali in quanto specchio dell’oggi, senza “se” e senza “ma”. Rappresentano in qualche modo un cerchio chiuso, che periodicamente ritorna. Oggi il cerchio è ancora aperto, siamo in un momento storico profondamente scosso da tragedie e insicurezze. Pertanto la nostra rappresentazione della storia italiana è un monito, non solo una storia da archiviare. Così come il porto di Genova, con i suoi addii e ritorni e tutto ciò che rappresenta, diventa un po’ metafora del punto di partenza che apre un percorso di speranza e, purtroppo, spesso di tragedia.
Storia e territorio assumono valore anche grazie alle persone che li vivono, che li abitano o che, semplicemente, li attraversano. Come vi siete mossi nelle ricerche per i personaggi? Avete attinto ad archivi e/o documenti sui sopravvissuti alla tragedia?
Sì, abbiamo speso una considerevole quantità di tempo a raccogliere e studiare materiale, dai giornali dell’epoca, sia italiani, sia stranieri; alla storia dei sopravvissuti, a cui ci siamo ispirati. Ci siamo immersi in testimonianze e fotografie. Per la verità il materiale non è molto e quel poco che si trova è piuttosto confuso: in Italia il numero di vittime venne falsificato, i giornali di nazionalità diverse riportarono informazioni contrastanti, tant’è che ad oggi non è chiaro il numero effettivo di persone che durante quel viaggio persero la vita. Alcuni dei personaggi che ci hanno direttamente ispirato sono Ruggero Bauli, proprio il Bauli che creò in seguito il Pandoro; Isidoro Adami, un signor nessuno per molti, ma a quanto pare non per il nipote, che ha trascritto tutta la sua storia; i fratelli argentini si ispirano a due ragazzi che vennero raccolti durante la sosta a Capo Verde, già reduci da un naufragio; lo stesso capitano Gulì è un personaggio realmente esistito. Adami ci ha fornito degli spunti per creare il personaggio di Guido, mentre gli altri due, Rita e Lucio, incarnano ideali diversi, ma anche realtà storiche.
Nel gioco c’è una rappresentazione tutt’altro che clemente della retorica tipica del periodo fascista, un linguaggio propagandistico che spesso allontana dalla verità storica degli eventi. D’altra parte è necessario parlare di un periodo buio per il nostro Paese, poiché ha in serbo tantissime storie che meritano di essere raccontate. Secondo voi il videogioco è un linguaggio pronto a trattare temi storici così delicati? È stato difficile affrontare il tema del fascismo?
Abbiamo deciso di trattare il tema del fascismo perché fu uno dei principali motivi per cui le notizie vennero in parte occultate o falsificate. Leggendo le testate dell’epoca, la retorica fascista è piuttosto evidente e quasi grottesca. Sebbene il nostro gioco non parli di fascismo se non in modo tangente, abbiamo sentito il bisogno di includerlo nella narrazione, soprattutto attraverso il personaggio di Lucio. Non ci siamo posti nella condizione di dare un giudizio di merito; volevamo piuttosto creare un microcosmo a sé stante all’interno della nave, che rappresentasse a 360° la realtà storica che abbiamo trattato. Il videogioco, d’altro canto, si presta benissimo a questo scopo, in ogni sua declinazione. L’immersione che offre è unica e totale e permette di immedesimarti in una realtà che forse per molti è troppo distante. Il solo fatto di agire attivamente all’interno della storia la rende attuale. Insomma, è vero che il piroscafo Principessa Mafalda affondò nel 1927 a largo delle coste brasiliane, ma attraverso il videogioco noi affondiamo con esso.
Intervista a cura di Daniele Barresi
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